I Malavoglia
a Catania il 7 luglio 2018
Città di Catania – Straordinario evento al Palazzo della Cultura. Sabato 7 luglio alle 21:15 ritornano a grande richiesta “I MALAVOGLIA” di Verga. Affascinante affresco sulla vita della gente di mare nella travolgente interpretazione di Mario Pupella
Trama
Presso il paese di Aci Trezza, nel catanese, vive la laboriosa famiglia Toscano, soprannominata Malavoglia per antifrasi secondo la tradizione della ‘ngiuria(una particolare forma di appellativo). Il patriarca della famiglia è l’anziano pescatore Padron ‘Ntoni, vedovo, che vive presso la “Casa del Nespolo” insieme al figlio Bastiano, detto Bastianazzo, il quale è sposato con Maruzza, detta la Longa. Bastiano e Maruzza hanno cinque figli, in ordine di età: ‘Ntoni, Luca, Filomena detta Mena o Sant’Agata, Alessio detto Alessi e Rosalia detta Lia. Il loro principale mezzo di sostentamento è la “Provvidenza”, nome dato alla piccola imbarcazione che utilizzano per la pesca.
Nel 1863 ‘Ntoni, il maggiore dei figli, parte per la leva militare. È la prima volta che un membro della famiglia dei Malavoglia parte per la leva nell’esercito del Regno d’Italia, e sarà questo evento (che rappresenta l’irruzione del mondo moderno in quello rurale della Sicilia contemporanea) a segnare l’inizio della rovina della famiglia stessa. ‘Ntoni, lavorando, aiutava economicamente la famiglia, come era usuale all’epoca, e a causa della sua partenza come soldato questi guadagni vengono a mancare. Per sopperire a questa perdita, Padron ‘Ntoni tenta quindi un affare comprando una grossa partita di lupini, peraltro avariati, da un compaesano, chiamato Zio Crocifisso per via delle sue continue lamentele e del suo perenne pessimismo. Il carico viene affidato a Bastianazzo perché si rechi con la Provvidenza a Riposto per venderlo, ma durante il viaggio via mare la barca subisce naufragio, Bastianazzo muore e i lupini vanno persi. A seguito di questa sventura, la famiglia si ritrova con una triplice disgrazia: è morto il padre, principale fonte di sostentamento della famiglia, la Provvidenza va riparata ed occorre pagare il debito dei lupini. Finito il servizio militare, ‘Ntoni torna malvolentieri alla dura vita di pescatore alla giornata e non dà alcun sostegno alla già precaria situazione economica del nucleo familiare.
Le sfortune per la famiglia non terminano: Luca, uno dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa (1866), e ciò determina anche la rottura del fidanzamento di Mena con Brasi Cipolla. Il debito contratto con Zio Crocifisso costa alla famiglia anche la perdita dell’amata Casa del Nespolo, e la reputazione e l’onore della famiglia peggiorano fino a raggiungere livelli umilianti. Un nuovo naufragio della “Provvidenza” porta Padron ‘Ntoni ad un passo dalla morte; Maruzza, la nuora, muore invece di colera. Il primogenito ‘Ntoni decide di andare via dal paese per tentare di fare fortuna: una volta tornato ancora più impoverito, perde ogni desiderio di lavorare, dandosi all’ozio e all’alcolismo.
La partenza di ‘Ntoni costringe nel frattempo la famiglia a vendere la Provvidenza per accumulare denaro al fine di riacquistare la Casa del Nespolo, mai dimenticata. La padrona dell’osteria Santuzza, già desiderata dal poliziotto Don Michele, si invaghisce invece di ‘Ntoni (che intanto entra nel giro del contrabbando), mantenendolo gratuitamente all’interno del suo locale. La condotta di ‘Ntoni e le lamentele del padre la convincono a distogliere le sue aspirazioni dal ragazzo e a richiamare Don Michele all’osteria. Ciò diventa origine di una rissa tra i due pretendenti, alla fine della quale ‘Ntoni arriva a dare una coltellata al petto di Don Michele, nel corso di una retata anti-contrabbando. ‘Ntoni finisce dunque in prigione e Padron ‘Ntoni, accorso al processo e sentite le voci circa la relazione tra Don Michele e sua nipote Lia, sviene esanime. ‘Ntoni riesce a evitare una forte condanna per motivi “d’onore”: l’avvocato lascia intendere che la rissa fosse scoppiata perché ‘Ntoni voleva difendere la reputazione della sorella Lia, della quale Don Michele si era invaghito, e che Lia aveva respinto.
Il salmodiare di Padron ‘Ntoni, ormai molto anziano, si fa sconnesso, e i suoi proverbi (che accompagnano tutta la narrazione) iniziano a venire pronunciati senza cognizione di causa; per motivi anche di sopravvivenza (non è più in grado di lavorare), si decide di ricoverarlo in ospedale. Lia, la sorella minore, vittima delle malelingue e del disonore, decide di lasciare il paese e finisce prostituta a Catania. Mena, a causa della vergognosa situazione della sorella, sceglie di rinunciare a sposarsi con il carrettiere Alfio Mosca, di cui è innamorata, e rimane ad accudire i figli di Alessi, il minore dei fratelli, che nel frattempo si è sposato con Nunziata e, continuando a fare il pescatore, è riuscito a ricostruire il nucleo familiare e a ricomprare la Casa del Nespolo, dove si è stabilito a vivere.
A questo punto ciò che resta della famiglia fa visita all’ospedale a Padron ‘Ntoni, per informarlo che la Casa del Nespolo è di nuovo nelle loro mani e annunciargli un suo imminente ritorno a casa. È questa l’ultima gioia per il vecchio pescatore, che muore proprio nel giorno del suo agognato ritorno a casa: neanche il desiderio di morire nella casa dov’era nato viene dunque esaudito. Alla fine ‘Ntoni, uscito di prigione, ritorna al paese, ma si rende conto di non potervi restare a causa del suo passato, per quanto il fratello Alessi lo inviti a farlo: con il suo comportamento egli si è auto-escluso dal nucleo familiare, rinnegando sistematicamente i suoi valori, ed è costretto ad abbandonare la sua casa proprio quando ha preso consapevolezza che essa era l’unico luogo in cui era possibile vivere degnamente.