Racconta Catania – Uzeta

uzeta

Il paladino Uzeta, cavaliere dalla nera armatura, è il protagonista di una delle leggende catanesi immortalate sui candelabri ornamentali di piazza Università, realizzati dagli scultori Mimì Maria Lazzaro e Domenico Tudisco.

Sizilien

Nonostante si tratti di un personaggio creato solo nel primo Novecento da Giuseppe Malfa (giornalista catanese), la sua figura è strettamente legata ad una leggenda ben più antica, nata dalla fantasia popolare catanese, al fine di spiegare la denominazione del castello Ursino, uno fra i monumenti più importanti ed imponenti di Catania.

Secondo tale leggenda, il castello era in origine popolato dai giganti saraceni chiamati Ursini, che sarebbero stati sconfitti dal Conte Ruggero nell’undicesimo secolo grazie al valoroso guerriero Uzeta, giovane di umili origini fatto cavaliere per le eroiche gesta e che riuscì a sposare Galatea, figlia del Sovrano.

Nelle vicinanze del Castello Ursino, in una povera casa, viveva un giovane forte e coraggioso di nome Uzeta. Egli venne assunto come stalliere del leggendario re Còcalo che aveva una figlia di nome Galatea, tanto bella da fare innamorare chiunque la guardasse. Un bel giorno, mentre Galatea faceva una galoppata per boschi, il suo cavallo si imbizzarrì e, scatenandosi, prese a correre spaventando la giovane principessa che invocava aiuto. Uzeta, che si trovava nelle vicinanze, venne in suo soccorso e, balzato come un fulmine sul cavallo, riuscì ad afferrarlo per le briglia e a fermarlo. Galatea, sfinita, svenne tra le braccia di Uzeta che, essendo segretamente innamorato della principessa, la baciò. In quell’istante però ella riprese i sensi  e, ritenendosi offesa per quanto il giovane stalliere aveva osato fare, lo cacciò via con pesanti rimproveri. Uzeta, allontanandosi, le giurò che un giorno sarebbe tornato carico di gloria e l’avrebbe chiesta in sposa. Il giovane mantenne infatti la promessa: le sue gesta furono tanto grandi che la sua gloria superò ogni confine e un bel momento, alla testa del suo esercito, tornò e chiese al Re la mano di Galatea. Il sovrano accettò e i due giovani vissero felici e contenti.